CD n.3 L’INFINITO. Atri, 1999.

 

            Forse bisognerebbe risalire alla Galleria Umberto di Napoli degli anni giovanili di Di Jorio, la splendida Galleria e a quel mondo ad essa legato, fatto di impresari in gilet all’americana, di soubrettes dai nomi francesi, di maestrini in cerca di fortuna, di cantanti grassocci con la sciarpetta al collo, in eterna attesa della prima ‘scrittura’. Un po’ come certi film anni Trenta. Oppure percorrere le viuzze che si affacciano su Via Toledo, ai tempi d’oro della canzone napoletana, dalla cui linfa sono sbocciate queste melodie cariche di quel sentimento che sempre più s’allontana dai gusti moderni. Già, perché è quasi sempre Napoli la cornice ispiratrice dell’essenza melodica di Di Jorio, a volte chiaramente citate nelle armonie e nelle cadenze. Ed è sempre questa la città al cui mondo affettivo la sua fantasia giovanile attinge a piene mani.

            Oppure bisognerebbe calarsi nel mondo aristocratico del salotto di inizio secolo, per gustare fino in fondo il fascino senza confini delle sospirate romanze che parlano di giardini odorosi di cedrina e di vainiglia, di gentili sibille interrogate sul mistero mai risolto dell’amore, o che interpretano mirabilmente l’universo poetico di una lirica leopardiana. Forse con questo volo generoso della fantasia si potrà assaporare appieno il senso delle melodie della presente raccolta.

            L’Archivio Di Jorio ne ha già pubblicate quattordici nel 1998 nel cd “Suspiro…”, magistralmente eseguite dal soprano Maura Maurizio accompagnato al pianoforte da Marco Moresco.

            Ora, questa collana dal titolo “L’infinito”, in prima registrazione mondiale, assume particolare importanza per la rarità degli spartiti, custoditi da qualche anno nell’Archivio Di Jorio di Atri, alcuni dei quali, rimasti in prima stesura a matita e riesumati da una vecchia cartella di manoscritti, hanno richiesto una laboriosa opera di trascrizione musicale.

            Salvati ad un buio destino, rifioriscono quasi per miracolo in questo compact, come gemme di un dimenticato forziere.

            L’ampiezza della produzione di Di Jorio e le sue singolari capacità di trattare l’intero ventaglio dei generi musicali sono ancora una volta decisamente confermate. Egli passa con estrema disinvoltura dai colori raffinati delle celebre poesia di Leopardi L’infinito a quelli disincantati della mandolinata Non dischiudere il veron, dai toni misteriosi della melodia Nel giardino (in cui affiorano atmosfere di gusto pucciniano) all’austero ritmo del tango habanera di Paquita e, ancora, dalle struggenti flessuosità amorose di Una capanna e un cuore alla dissacrante audacia della macchietta L’innamorato cott… (di cui Pasquariello fu insuperato interprete). E come poteva Di Jorio dimenticare l’operetta? Eccola, Nostalgia, a ricordarci il magico mondo in cui il maestro abruzzese non ebbe rivali. Ecco, ancora, come uscita da un vecchio cofano, Spes ultima Dea, su versi di Lorenzo Stecchetti (musicata già da Tosti e pubblicata da Ricordi nel 1879). Infine, la solare Non ti voglio più bene, dal profumo fiorentino e le tenere armonie di Prima passione, Giovinezza (mai dimenticata), Qualcuno, ci parlano ancora, sottovoce, del loro fascino antico.

 

Atri, 12 ottobre 1999

  

   Concezio Leonzi