CD n.2: ANTONIO DI JORIO: LA MUSICA DA CAMERA. Atri 1999.
L’Archivio-Museo Di Jorio di Atri, il più ricco d’Abruzzo con oltre cinquecento composizioni musicali manoscritte, prosegue la collana discografica delle opere di Antonio Di Jorio con il secondo album dedicato alla musica da camera. I sei titoli che vi compaiono risalgono, come vedremo più avanti nella puntuale illustrazione di Marco Della Sciucca, agli anni della maturità (1960) e pongono finalmente alla conoscenza del pubblico e della critica un aspetto del tutto inedito del maestro abruzzese. Alcune di queste pagine furono composte, ma mai stampate, per i concerti in casa Tiboni, amena villa aristocratica sulla collina pescarese, dove in quegli anni si tornò a far salotto alla maniera michettiana, riunendo nelle delicate serate estive gli artisti e i letterati più illustri d’Abruzzo. Forse con toni più melanconici, col senso del ricordo, di quello che era stato e non sarà più, con i sentimenti dominanti di un mondo, quello intellettuale abruzzese, dal passato fulgido e i cui contorni leggendari dovevano allora confrontarsi col pensiero moderno, lontano dal romanticismo tostiano e pieno di laceranti contraddizioni. Antonio Di Jorio era l’ospite fisso di quelle serate di sapore antico e le sue musiche sapevano interpretare, meglio d’ogni erudita dissertazione filosofica, il senso di quel mondo in pieno cambiamento. Il moderno e l’antico si fondevano nelle sue musiche, talvolta con toni ironici e scanzonati; bagliori del linguaggio musicale moderno facevano contrappunto a leggiadri saltarelli abruzzesi, che mai mancarono di riaffiorare dal genio multiforme di Antonio Di Jorio. Tra una sonata per viola di gusto hindemithiano e un accademico quartetto d’archi, faceva capolino il languido lamento di un violoncello appassionato, cantore dei ricordi giovanili della Napoli di inizio secolo. Le rimembranze spiritose del mondo d’infanzia di Di Jorio, quando ragazzino pieno di sogni imbracciava il corno della banda del Quarto di S. Giovanni della natìa Atessa, tornavano a vivere nei caratteri burleschi del Concertino per corno, difficilissimo, dedicato al celebre virtuoso Domenico Ceccarossi, che ne fu primo interprete. In altri lavori, poi, come nel primo movimento del Quartetto con pianoforte, riecheggiavano strutture armoniche già sperimentate da Jaques Ibert, o addirittura si anticipavano effetti coloristici che più tardi ritroveremo in alcune movenze di musiche per film del più celebrato Nino Rota. È incredibile, ma Di Jorio è anche questo. I molteplici e insospettabili volti della sua genialità, l’ampiezza completamente nuova della sua melodia, l’estrema cura degli impasti sonori, l’accento purissimo del suo canto (come non rimanere incantati dallo splendido Canto alla luna?), finalmente oggi si riscattano in questo compact, con ampliato e rinnovato vigore. Il merito è soprattutto degli interpreti, i migliori che l’Abruzzo vanti, che hanno risposto al mio invito con nobilissimo spirito di solidarietà artistica e ai quali esprimo il più sentito ringraziamento. C’è un filo rosso in comune che li caratterizza, che supera le ragioni di convenienza, di opportunità, e anche quelle culturali che hanno espresso la volontà di questo progetto: il piacere dell’esecuzione, a volte travolgente e sfrenato, a volte composto e discreto, ma sempre offerto con intima partecipazione, arcano segreto dell’arte.
ConcezioLeonzi
|